UNITI SI CAMBIA

E come in tutte le aziende è indispensabile essere molto attenti alla qualità dei risultati, essendo consapevoli che un buon livello di qualità è condizione indispensabile per accrescere la propria competitività e rafforzare la propria posizione soprattutto quando si opera in un’economia prevalentemente turistica come quella dell’Isola d’Ischia. 

La missione dei Comuni è quella di promuovere sviluppo locale ed erogare servizi pubblici, per cui un Ente locale deve organizzarsi come un’azienda capace di attivare tutti gli strumenti idonei al perseguimento dei suoi obiettivi.

Una maggiore attenzione alla qualità consente di:

  • promuovere la cultura della programmazione e degli obiettivi strategici;
  • premiare il merito con i risultati ottenuti;
  • ottimizzare il processo di erogazione dei servizi eliminando gli sprechi;
  • aumentare la soddisfazione da parte dei cittadini/utenti;
  • motivare chi vi opera per migliorare la produttività.

Fatta questa premessa e rivolgendo lo sguardo alla nostra Isola, possiamo consapevolmente affermare che manca del tutto l’attenzione alla qualità.

D’altro canto, tra i cittadini/utenti è diffusa la rassegnazione che il livello dei servizi pubblici rimane inevitabilmente basso e che non vi è margine per significativi miglioramenti. Viviamo da tempo una diffusa rassegnazione sociale che costituisce, paradossalmente, un grosso ostacolo allo sviluppo di politiche integrate per l’Isola oltre che per la crescita della cultura del Comune unico.

Questo però non ci scoraggia ma piuttosto ci impegna a sottolineare le ragioni dell’innovazione necessaria.

È utile a tal fine ricordare i cambiamenti che ci sono stati in questi ultimi anni e alcune giustificazioni della necessità di politiche unitarie.

Da oltre un decennio, come molti sanno, soprattutto nell’ambito dei Comuni vi è stata una significativa inversione di tendenza dovuta a diverse circostanze:

  • l’elezione diretta del Sindaco che ha stabilito un rapporto diretto tra i cittadini ed il vertice dell’amministrazione, che assume la responsabilità dei risultati conseguiti nel suo mandato;
  • il forte decentramento di funzioni;
  • la riduzione delle risorse disponibili, a causa della crisi della finanza pubblica e della necessità di rispettare i rigorosi parametri imposti dall’Unione Europea;
  • l’ampliamento dell’autonomia impositiva;
  • un maggior controllo sociale da parte dei cittadini/contribuenti/utenti, più attenti a come vengono spese le somme sempre maggiori pagate per imposte, tariffe e prezzi pubblici;
  • una maggiore attenzione alla competitività dei territori;
  • la quasi privatizzazione del pubblico impiego;
  • la distinzione tra politica e gestione;
  • una maggiore attenzione alla produttività delle strutture pubbliche.

Da tempo, quindi, anche per i Comuni è iniziata una nuova stagione in cui l’attenzione verso la qualità dovrebbe portare ai seguenti risultati:

  • soddisfazione dei bisogni e delle attese dei cittadini;
  • aumento di produttività ed efficienza;
  • recupero di risorse da investire in servizi e sviluppo;
  • riduzione degli sprechi e dei costi della burocrazia;
  • valorizzazione del personale.

In tale ottica, essendo l’ente pubblico a più stretto contatto con i cittadini, il Comune dovrebbe erogare i servizi con una maggiore efficacia. Tuttavia il forte decentramento di funzioni pone qualche problema in ordine ai costi e quindi sotto il profilo della soddisfazione dei cittadini/utenti (si pensi ad esempio alla gestione dello Sportello unico per le imprese, a quello per l’edilizia ed alla gestione del Catasto in ogni Comune).

In particolare nei piccoli Comuni, come i nostri dell’Isola d’Ischia, non è facile assicurare una corretta e soddisfacente gestione dei servizi, anzi a prima vista alcuni ostacoli lo impediscono addirittura:

  • i piccoli comuni hanno dotazioni organiche rigide caratterizzate da posti unici, con conseguente impossibilità di turnazione e di attivazione di orari di apertura al pubblico lunghi, e mansioni multiple, che determinano una scarsa specializzazione del personale;
  • i piccoli comuni hanno bilanci rigidi e vincoli di spesa tali da non potersi procurare professionalità assenti in organico per sviluppare nuovi servizi o per migliorare quelli esistenti;
  • i comuni di limitate dimensioni hanno in genere risorse finanziarie scarse per una serie di fattori, tra i quali spicca la ristrettezza della base imponibile, che impedisce di attivare la leva fiscale per aumentare le entrate o addirittura per mantenerle ad un livello costante. Di conseguenza l’introduzione di una vera autonomia impositiva è applicabile al solo fine di aumentare il controllo sociale e politico degli elettori e non anche per rendere questi Comuni attori del loro sviluppo, in quanto in un sistema di piena autonomia, senza interventi dello Stato correttivi e perequativi, il loro destino è quello di un irreversibile e graduale impoverimento;
  • la scarsità di risorse impedisce l’attivazione dei meccanismi di controllo interno, aumentando di fatto il gap in termini di funzionalità rispetto agli enti più grandi ed attrezzati;
  • i piccoli comuni hanno risorse scarse anche per la formazione del personale, nonché per il fondo incentivante, il che rende il personale riottoso ad impegnarsi nel proprio lavoro in quanto la limitatezza dei compensi non è gratificante, li rende scontenti e lungi dal sentirsi spronati a migliorare il loro lavoro, viceversa lo rallentano e si dedicano anche ad altre attività. Altra condizione sfavorevole è quella di distribuire a pioggia i fondi a disposizione, in modo da non ingenerare conflitti nel gruppo dei dipendenti, di limitate dimensioni.

L’unità, quindi, è necessaria, proprio perché i piccoli comuni hanno notevoli possibilità per migliorare la qualità dei propri servizi. La sfida si può vincere.

La gestione dei servizi, per essere efficace ed efficiente, deve svolgersi in ambiti territoriali di adeguate dimensioni, in conformità al principio di adeguatezza, di cui all’art. 118 della Costituzione.

I piccoli Comuni uniti possono realizzare sia economie di raggio di azione (riduzione dei costi unitari delle funzioni esercitate grazie all’utilizzo delle stesse risorse), sia economie di scala (riduzione dei costi unitari di produzione di beni e servizi al crescere del numero di unità prodotte).

Soprattutto i servizi che presentano maggiore deficit (smaltimento RSU, depuratori, acquedotto, manutenzione impianti di pubblica illuminazione, sicurezza sociale ecc.) possono beneficiare di una gestione unitaria, con abbattimento delle diseconomie di scala.

Infatti i piccoli Comuni acquistano la merce a prezzi più elevati a causa delle piccole quantità richieste; hanno difficoltà a reperire finanziamenti, a privatizzare i servizi perché la limitata dimensione ne limita la remunerabilità e quindi li rende poco appetibili; sottoutilizzano le costose attrezzature che hanno dovuto acquistare per la gestione dei servizi; pagano progettazioni e direzioni di lavori più elevate a causa del sistema delle tariffe professionali che prevede percentuali decrescenti con l’aumento dell’importo dei lavori.

Si ottiene inoltre un vantaggio ulteriore rispetto alla diminuzione del costo, costituito dalla maggiore professionalità degli addetti.

Oggi molti servizi pur previsti non sono erogati e quelli erogati sono mal gestiti e accessibili con difficoltà da parte dei cittadini. 

Non sarebbe utile, pertanto, provare a cambiare? Io penso di sì.